Tirare la leva minimizza il danno complessivo e massimizza le vite salvate.
Di fronte a una tragedia inevitabile, la scelta moralmente responsabile è ridurre il male totale. Salvare cinque a costo di uno non è calcolo freddo, ma espressione di pari considerazione per ogni persona: ogni vita conta, dunque salvarne di più conta moralmente di più. Questa decisione onora il dovere di beneficenza e l’idea che non tutte le perdite siano uguali quando possiamo evitare quelle maggiori.
La non-azione non è neutralità: omettere di agire, quando puoi salvare, equivale a consentire un danno maggiore.
Nelle scelte morali reali, non intervenire è pur sempre una scelta che ha conseguenze. Se è nelle tue possibilità impedire cinque morti con un gesto, il peso della responsabilità ricade anche sull’omissione. La nostra pratica morale e civile (si pensi all’idea di dovere di soccorso) riflette proprio questa intuizione: ignorare non assolve.
Deviare il carrello rispetta il Principio del Doppio Effetto: si intende salvare, non uccidere.
L’azione di tirare la leva ha come fine salvare i cinque; la morte dell’uno, pur prevista, non è voluta come mezzo per il bene. L’atto in sé (deviare un veicolo) è permesso e l’effetto buono non dipende dall’effetto cattivo, che non è strumentale. Questo rende l’intervento compatibile anche con intuizioni deontologiche, non solo con l’utilitarismo.
La scelta di tirare la leva è supportata da evidenza empirica e costruisce fiducia nelle decisioni collettive in emergenza.
Studi di psicologia morale in diversi paesi (es. Greene, Hauser, Mikhail) mostrano che la maggioranza, spesso tra il 70% e il 90%, preferisce deviare il carrello quando ciò salva più vite. Questa convergenza indica una norma intuitiva condivisa: evitare il peggio quando è possibile. È anche il principio che informa pratiche come il triage e la protezione civile, fondamentali per coordinare azioni rapide e affidabili in situazioni critiche.